L’antica Fiera del Bestiame di Pontecorvo
Vecchia edizione de “La Domenica del Corriere”, datata 20 ottobre 1907, la copertina era un affresco di tradizioni e cultura contadina.
Grazie a quest’ incredibile storia sappiamo che la ricetta della Noglia era già nota nel XVI secolo, quando il Re di Francia Carlo VIII invase l’Italia, scatenando una serie di guerre e conflitti tra le varie potenze europee.
La battaglia nel 1503, tra la Francia e la Spagna, che si svolse in Italia tra le sponde dei fiumi Liri e Gari, fu vinta dagli spagnoli, che riuscirono a respingere l’attacco dei francesi, guidati dal generale Ludovico II di Saluzzo. La battaglia fu cruenta e incerta, e molti soldati rimasero uccisi o feriti. Tra questi, c’era un nobile partenopeo di nome Elio, che era stato colpito da una freccia al petto. Era un uomo valoroso e generoso, che aveva combattuto con coraggio e fedeltà per il suo re. Era anche un uomo colto e raffinato, appassionato di arte, letteratura e filosofia, ma soprattutto conosciuto per la smoderata passione per le preparazioni culinarie, tanto che gli piaceva definire l’arte del cucinare pura magia!
Elio, a seguito del ferimento, fu soccorso dai suoi compagni, che lo portarono in una tenda da campo, dove gli prestarono le prime cure. Era in fin di vita, e chiese di ricevere l’estrema unzione. I suoi compagni cercarono aiuto, accorse uno straniero che si presentò con una tonaca nera e una croce al collo, pensavano fosse un prete.
Si chiamava Antonio de Nebrija, non era un prete, in realtà era uno storico e umanista spagnolo, che si era recato in Italia per studiare la lingua e la cultura latina. Antonio aveva riconosciuto Elio, solo pochi anni prima erano a Bologna, dove avevano studiato teologia presso il Reale Collegio Maggiore di San Clemente.
Antonio si avvicinò ad Elio che gli sorrise debolmente, gli prese la mano e gli disse che era venuto per confortarlo e per assolverlo dai suoi peccati. Elio rispose che era felice di vederlo, e che voleva chiedergli un favore, gli disse che il suo ultimo desiderio era di mangiare un caldo piatto prelibato, che gli avrebbe ricordato la sua terra e la sua famiglia.
Quindi, Antonio lo rassicurò che avrebbe fatto di tutto pur di procurarglielo.
Uscì dalla tenda e si mise alla ricerca. Chiese ai soldati, ai contadini, ai mercanti, ma nessuno aveva cibo da vendere o da scambiare. Non si arrese, e continuò a cercare, finché non arrivò in un villaggio, situato su di una collina, dove ai suoi piedi scorreva il fiume Liri. Il villaggio si chiamava Pontecorvo, ed era abitato da gente semplice e laboriosa, che viveva di agricoltura e di allevamento. Antonio entrò nel villaggio e si fermò davanti a una casa di pietra, da cui usciva un profumo invitante. Bussò alla porta, e fu accolto da una donna anziana, vestita con un abito colorato e un grembiule bianco. La donna si chiamava Lucia, ed era la moglie di un contadino, che aveva una piccola fattoria, dove allevava maiali e galline. Lucia era una donna gentile e ospitale, che amava cucinare e ricevere gli ospiti. Lucia amava cucinare il maiale in tutte le sue forme, ma in particolare preparava con una ricetta speciale, tramandata da generazioni.
Antonio si presentò a Lucia, e le spiegò che era uno storico e umanista spagnolo, che si era recato in Italia per studiare la lingua e la cultura latina. Le raccontò anche della battaglia, e del suo amico Elio, che era ferito e che desiderava mangiare una prelibata pietanza. Le chiese se aveva una calda pietanza da vendere o da scambiare, e che glielo avrebbe pagato bene. Lucia lo guardò con simpatia e compassione, e dicendogli che non aveva bisogno di soldi o di merci, ma che gli avrebbe donato volentieri la pietanza che aveva appena preparato e che stava cuocendo in una pignata di terracotta, vicino al fuoco di un camino.
Lucia gli raccontò dell’insaccato di maiale la cui ricetta che si tramandava da madre in figlia. Nel villaggio, veniva chiamato Noglia, era fatto con le parti più grasse del maiale e condito con delle spezie, peperoncino e sale. Poi mescolava bene il tutto e lo insaccava in dei budelli di maiale, legandoli con dello spago. Infine, li faceva bollire in una pignata in terracotta con dell’acqua e del vino, per diverse ore. Il risultato era una pietanza profumata e speziata, dal colore dorato e dal sapore intenso e piccante.
Antonio rimase affascinato dalla storia e dalla ricetta di Lucia, e assaggiandola affermò che la Noglia era un piatto squisito e originale, e che sarebbe piaciuta molto al suo amico Elio. Lucia gli sorrise e gli disse che sperava che il suo amico si riprendesse presto, e che potesse tornare a casa dalla sua famiglia. Lucia gli porse la pignata con la Noglia, e gli disse di portarglielo subito. Antonio la ringraziò e la salutò, e corse verso il campo.
Antonio tornò alla tenda, dove trovò Elio ancora vivo, ma debole e pallido, gli mostrò il pentolino con la Noglia, e gli disse che aveva trovato quello che cercava, e che era una pietanza speciale che veniva chiamata Noglia. Gli raccontò la storia e la ricetta di Lucia, e gli disse che la Noglia era una specialità di Pontecorvo, un piccolo villaggio vicino al fiume. Elio si illuminò ed era felice di poter assaggiare la Noglia. Antonio gli tagliò una fetta di Noglia, e gliela porse con un pezzo di pane. Elio la mangiò con gusto, e gli disse che non aveva mai mangiato un piatto così buono e saporito. Si sentì meglio, e disse che la Noglia gli aveva dato forza e speranza.
Antonio era contento, e gli disse che forse era stato un miracolo. Elio, volgendo lo sguardo al cielo gli rispose che non sapeva se fosse un miracolo o era stato solo il destino, ma la Noglia era stata la sua salvezza.
Di Antonio de Nebrija sappiamo che dopo qualche anno ritornò nella sua Spagna, forse raccontando anche la storia della prodigiosa Noglia pontecorvese.
Di Elio non sappiamo molto, ma si racconta che si traferì proprio a Pontecorvo, dove affinò le sue conoscenze culinarie che si tramandano di generazione in generazione, cosicchè ancora oggi si mantengono vive le antiche tradizioni culturali e culinarie.
Vecchia edizione de “La Domenica del Corriere”, datata 20 ottobre 1907, la copertina era un affresco di tradizioni e cultura contadina.
Diego Torrice è un “pastry chef” alla Feste del peperone di Pontecorvo – domenica 15 settembre
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